La democrazia universitaria tra presente digitale, passato materiale e futuro in presenza

di Don Luca Peyron, teologo Università Cattolica
Fonte: Huffpost

La scrivania di casa, il tavolo ingombro di carte, il pc al centro, compagno inseparabile di questi mesi strani di università, oggi è anche una cabina elettorale. All’Università degli studi di Torino si è votato nei giorni scorsi per l’elezione dei rappresentanti degli studenti e si è fatto interamente on line, per la prima volta da quando il principe Ludovico di Acaia nel 1404 istituisce l’ateneo ai piedi delle Alpi. La pandemia ed un apposito decreto rettorale portano gli 80.000 studenti di Unito nel cyberspazio. E-voting dunque e così ciascun dopo aver ricevuto via e-mail una password al proprio account istituzionale, ha trasformato il proprio pc o tablet nella cabina elettorale. Non si può sbagliare nome, il sistema fornisce le liste dei candidati di pertinenza, goliardia bandita, non c’è la possibilità di rendere nullo il voto, resta la scheda bianca fra le scelte possibili.

Analoga procedura è stata adottata anche dall’Università Cattolica per le elezioni di maggio, servendosi del medesimo servizio, ELIGO, una piattaforma professionale deputata a questo tipo di consultazioni. Al di là dei risultati delle singole liste, certamente la democrazia si è presa una piccola rivincita sul passato, perché con l’introduzione del sistema digitale il numero dei partecipanti al voto è raddoppiato, salendo al 17%. Un significativo 17% o solo il 17%? Viste da fuori le elezioni studentesche rappresentano una bella prova di democrazia interna del mondo universitario ed una palestra interessante di civismo tanto per l’elettorato attivo quanto per quello passivo.

Si potrebbe argomentare con sostanza il fatto che in un ateneo l’elemento del bene comune può più difficilmente essere preda dell’ideologia. La politica universitaria è una palestra in cui il pensiero può confrontarsi per il raggiungimento di un obbiettivo – il benessere a tutto campo della comunità accademica – che si presta meno di altri scenari a polarizzazioni rispetto a fini ed obbiettivi. Chi vive dall’interno e con continuità le università sa che la realtà è purtroppo diversa dall’idea. Benché gli statuti degli atenei definiscano l’accademia una comunità le dinamiche non sempre sono comunionali e generano comunione effettiva. Ci sono tensioni politiche, alcuni rimasugli di passate battaglie, scampoli di ideologie altrove sepolte, passioni tristi o passioni accese, ma in piccoli fuochi che fanno fatica ad accendere il circostante mondo di coloro che sono lì palesemente per altro, rispetto alla costruzione di un Paese oltre che della propria vita. Ed anche gli appassionati spesso si appassionano – anche giustamente – al diritto allo studio ma talora dimenticando che la Costituzione di articoli ne ha più di uno.

Dunque quel 17% è una buona o una cattiva notizia? È verosimilmente una direzione di pensiero: la trasformazione digitale può essere un ingrediente sapido per rendere la comunità accademica più frizzante, viva, partecipate ed invitante. Il Vangelo invita i cristiani ad essere sale della terra e luce del mondo, ammonendo che se il sale perdesse il sapore verrebbe semplicemente buttato via perché è poi impossibile renderlo nuovamente sapido. Il sale in cucina è un elemento ambiguo: senza sale i cibi non hanno gusto, ma se ne mettiamo troppo diventano amari ed immangiabili. Nella Scrittura il sale torna spesso nel significato naturale e simbolico indicando fedeltà, utilità, sapienza, purificazione ma anche sterilità e morte. Il sale suggella amicizie ed accordi con lo straniero: le parti si scambiavano pane e sale, ma esso è soprattutto è segno dell’Alleanza tra Dio ed il popolo: «Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta porrai del sale» (Lv 2,13). Parimenti è segno di morte: l’empio che si allontana dal Signore vivrà in una terra piena di sale che non permette la vita (Ger 17,6). Nel compimento portato da Cristo il cristiano è invitato, come il sale, a sapersi sciogliere, a sapersi donare affinché la presenza del sale, come del cristiano, si possa riconoscere dai suoi effetti! Il digitale, come il sale, può accelerare processi e favorirli, o bruciare il terreno e sterilizzare relazioni. Lo abbiamo visto, sempre in università, con l’uso necessario ma decisamente eccessivo della didattica on line. Benvenute dunque elezioni on line che rimettono in gioco più studenti ma, nello stesso tempo, benvenuti dopo la pandemia, tutti quei processi di cui avremmo bisogno per guarire le ferite lasciate nei giovani e nel loro bisogno di socialità e relazioni. L’università può essere uno dei luoghi di questa ripartenza, convocati con una email, dopo aver deciso l’orario in una chat, per tessere un dialogo di persona davanti alla macchinetta del caffè.